Il ricatto nella relazione con i figli


A volte, la relazione tra genitori e figli si configura come una relazione di potere più che una relazione affettiva.

Uno dei sinonimi della parola “ricatto” è “sequestro”; questo perché dell’altro sequestriamo la libertà. In questo caso, non si intende il sequestro di un corpo per chiedere un riscatto ma la libertà di essere sé stessi.
Attraverso il ricatto c’è la costrizione.
La famiglia è basata sull’affettività e non bisognerebbe pensare di privare qualche suo membro di una qualsiasi libertà (parola, pensiero, azione..).

il ricatto nella relazione

Facciamo un passo indietro, quali sono le richieste di un bambino? Un bambino chiede accoglienza, (l’accoglienza di lui come bimbo e dei suoi perché), chiede di giocare insieme, di stare insieme, di essere ascoltarlo, di poter cantare canzoncine insieme, di poter ascoltare una fiaba… continue richieste di interazione dove dice “io non riesco a stare bene, se tu genitore non stai qua con me con il corpo, con la mente e il cuore”.
L’accoglienza di cui ha bisogno un bambino è un’accoglienza forte, impegnativa.
E’ proprio sull’impegno che i genitori possono trovare dei momenti in cui si sentono divorati dai bisogni dei figli, dopo continue richieste di “gioca con me”, “fai con me”, “stai qui con me” il genitore a volte risponde “gioca un po’ da solo!”. In questi momenti il genitore pensa “mi stai divorando, ti voglio bene ma staccati un momento” .

Questa dimensione emotiva, se viene espressa in modo adeguato, darà luogo ad una frustrazione necessaria, altrimenti il bambino potrebbe pensare “ecco sono stato esagerato, non mi vuole più, non mi vuole più bene.”
Dall’altra parte il genitore può pensare: “sono lì, nella stessa stanza, lo vede che non lo sto abbandonando”, ma per loro l’abbandono è da un punto di vista psichico, emotivo “non mi pensa, sta pensando ad altro”.

E in questo momento di grande fragilità, spesso avviene il ricatto.

Che tipi di ricatto si fanno? A volte si fanno delle pressioni sulla volontà, ad esempio: “se vuoi che io giochi ancora con te dopo, fai questa cosa” (metti via questi giochi, vai a lavarti le mani, metti via le scarpe…), quindi costringiamo la volontà del bambino non con una motivazione plausibile legata alla crescita del bambino ma con una motivazione legata al ricatto di volontà perché in quel momento lo troviamo fragile, vulnerabile. E’ un bambino che fa delle richieste e, rispetto a queste richieste, ci sentiamo forti abbastanza da indurlo a fare delle cose.

Questo non è un percorso educativo!

Teniamo presente che ogni volta che facciamo un ricatto, stiamo perseguendo una strada antieducativa. Ogni volta che si pronuncia la parola “SE”, si sta sbagliando, qualsiasi frase che si dice a un bambino, se inizia con SE, bisogna fermarsi! Perché è un ricatto morale o affettivo o un ricatto di volontà ma sempre di ricatto si tratta.
La parola “se” è seguita da un ricatto: “se fai il bravo ti compro un giochino, se mi vuoi bene metti in ordine, se mangi tutto vedi la televisione…”.

Tutto ciò comporta ad insegnare ai nostri figli la modalità ricattatoria nella relazione, a fare delle cose per ottenere qualcosa in cambio.

Qual è il percorso che possiamo fare attraverso l’affettività con i nostri figli? Ad esempio:

  • possiamo aiutare i nostri bambini a osservare il mondo e a prendere delle iniziative. Quando ricattiamo i bambini è proprio per non fargli prendere iniziative;
  • possiamo incoraggiare il pensiero logico, quindi spiegare loro cause, effetti, tempi dell’attesa ma se non gli permettiamo di sperimentare, sporcare, far cadere, mettere tutto in giro… con il ricatto si blocca questo percorso evolutivo;
  • possiamo facilitare lo sviluppo delle relazione sociale e del linguaggio: il “perché” serve al bambino non solo per sapere il perché delle cose ma anche per capire come si comunica con le altre persone mantenendo la loro attenzione;
  • non si deve cedere al ricatto, al massimo si può dire: “Se proprio sei stanco oggi ti aiuto io ma vedrai che poi riesci a farlo da solo”. Dobbiamo portarli ad acquisire delle capacità e a mantenerle, non si gioca al tornare indietro. Se facciamo così avremo un figlio che crescendo avrà un’ottima autostima.

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2 commenti su “Il ricatto nella relazione con i figli

  • Vanessa

    Buonasera…figli adolescenti,12.la.femmina 15 il maschio..Qui mio marito adotta molto spesso per qualsiasi cosa “ti tolgo il telefono se…”..E’ vero che molto difficile stargli dietro,ma.ci mettiamo il massimo,per seguirli per fargli capire e dargli tempi e orari…Questo ricatto vero e proprio spiego a mio marito che sencondo me non serve a nulla ,ma finisce di allontanarli ed inasprirli…Vostri consigli e sarei grata se scrivesse voi a cosa so arriva..Grazie

    • Crispy

      Buonasera,

      fare il genitore è sicuramente un mestiere difficile ed educare un figlio è sempre un compito arduo e di
      responsabilità che pone spesso mamme e papà di fronte a fatiche, dubbi, incertezze.

      Il ricatto è una forma di manipolazione che consiste nell’indurre una persona a comportarsi come vogliamo
      noi, pena conseguenze spiacevoli. Questo tipo di intervento genitoriale ( a mio avviso ANTI-EDUCATIVO),
      non porta benefici al figlio, ma porta benefici al genitore che in questo modo riesce a controllare con più
      efficacia il comportamento del figlio. Adottare interventi ricattatori risulta essere una scorciatoia
      nell’educazione, sottolineando una fatica genitoriale che fa appello al proprio “potere”. Il genitore
      “potente” obbliga così il figlio ad essere ubbidiente, non gli lascia giocare la propria partita e di
      conseguenza a diventare grande. A volte, il figlio reagisce covando rabbia e ostilità. I figli attraverso il
      ricatto imparano che ci si comporta in un determinato modo per ottenere qualcosa per Sé o per rendere
      felice qualcun altro. Ciò che un genitore, invece deve far capire al figlio è che ci si comporta in un
      determinato modo perché ci sono delle regole da rispettare e che il rispetto di quelle regole serve a se
      stesso. Il dialogo è fondamentale, bisogna sempre spiegare le proprie ragioni e parlarne con calma,
      ascoltando anche il punto di vista del figlio, facendogli capire le motivazioni di un no, di una richiesta, di una
      regola. L’intervento del genitore deve essere finalizzato ad aiutare la crescita del proprio figlio.
      Può capitare di perdere la pazienza e mettere in atto questi comportamenti disfunzionali, ma si può
      riparare chiedendo scusa ad un figlio.

      Dott.ssa Francesca Gabriele